La sez. III civile della Corte di Cassazione, con sentenza del 9 Gennaio n.486, si è pronunciata su un caso avente ad oggetto una serie di trasferimenti di crediti garantiti da ipoteca su immobili, a seguito di ogni cessione di credito tutte le parti hanno correttamente provveduto alla relativa annotazione di cui all’art. 2843 c.c. A seguito dell’ultima cessione di credito, il cedente (una banca) ha prestato il proprio consenso alla cancellazione dell’annotazione in quanto l’ipoteca non sarebbe stata oggetto di cessione. La parte che ha acquistato il credito privo di garanzia ipotecaria ha dunque citato in giudizio il cedente e il notaio rogante per aver consentito la cancellazione dell'ipoteca sull'immobile, nonostante l'annotazione della cessione del credito.
La sentenza in commento si rivela di notevole importanza in quanto è stata riconosciuta la responsabilità del notaio che ha ricevuto l’atto di cancellazione di ipoteca, nonostante egli, in una prima fase, avesse manifestato il proprio dissenso circa l’operazione di restrizione ipotecaria. La responsabilità del pubblico ufficiale è stata accertata sulla base dell’art. 2043 c.c. a titolo di responsabilità extracontrattuale. In primo luogo, la Corte, dopo aver accolto alcuni dei cinque motivi di ricorso, ha analizzato l’applicabilità al caso di specie degli articoli articoli 27 e 28 della Legge notarile i quali sostanzialmente che il notaio è obbligato a prestare il suo ministero ogni volta che ne è richiesto e, inoltre, che il notaio non puo’ ricevere atti vietati espressamente dalla legge. Quindi il notaio, pur tenuto a rogare gli atti che gli vengano richiesti, ha il dovere di rifiutare tutti quegli atti espressamente vietati dalla legge e nulli in quanto tali. Secondo la Cassazione, il notaio deve effettuare un’attenta valutazione delle conseguenze e degli effetti che possono derivare da un atto da lui ricevuto o autenticato. Il notaio deve effettuare ex ante un’attenta analisi circa gli effetti che possono scaturire da una sua condotta, egli deve valutare in concreto se un atto da lui rogato puo’ cagionare un danno a terzi.
Per la Suprema Corte, quindi, non sono applicabili al caso concreto gli articoli 27 e 28 della legge notarile, ma ciò che viene in ì rilievo è il giudizio di responsabilità extracontrattuale del notaio ai sensi dell’art. 2043 c.c. Il notaio, nel caso di specie, nonostante in un primo momento avvertì e sconsigliò alla parte di procedere con il rogito, ricevette lo stesso l’atto pubblico di cancellazione dell’ipoteca. La Cassazione, quindi, ha affermato che il notaio deve valutare ed interrogarsi ex ante se un atto da lui rogato possa comportare delle conseguenze sfavorevoli nei confronti di soggetti terzi all’atto, ma che sono individuabili in ogni caso ex ante dal notaio in quanto possibili destinatari degli effetti del rogito, nel caso di specie il destinatario sarebbe stato facilmente individuabile dal professionista. La Suprema Corte in particolare ha affermato che: va anzitutto chiarito che, nella specie, ciò che viene in rilievo è la eventuale responsabilità extracontrattuale del notaio, non già quella da “contatto sociale” (su cui v. da ultimo Cass. n. 19849/2024): non si tratta, infatti, di danni subiti da un soggetto che abbia confidato nella piena validità, o nell’autorevolezza, che devono attribuirsi ad un atto rogato da notaio ed inerente alla circolazione o al regime giuridico di uno o più beni immobili, bensì – in tesi – della illiceità della condotta del notaio stesso, che si sia reso compartecipe, con dolo o colpa, di una condotta, mediante il rogito in questione, comunque idonea ad arrecare un danno ad un soggetto ben determinato. In altre parole, ciò che rileva è se il notaio ***, rogando il citato atto di restrizione su istanza di *** e curandone gli adempimenti pubblicitari, abbia o meno realizzato una condotta foriera di danni nei confronti della A.A.: ci si muove chiaramente, dunque, nell’ambito della clausola generale dell’art. 2043 c.c., ossia del neminem laedere. Ciò posto, non v’è dubbio che la condotta complessivamente tenuta dal notaio *** sia ben suscettibile di essere valutata ai fini che occupano. Il notaio, infatti, pur tenuto (in base allo status notarile) a rogare gli atti che gli vengano richiesti, col solo divieto inerente agli atti nulli (artt. 27 e 28 legge n. 89/1913), non può comunque rogare l’atto richiesto ove consapevole che detto atto, benché non nullo, sia potenzialmente idoneo ad arrecare danno a terzi. La vicenda che occupa è esemplare in tal senso: la dr.ssa ***, accortasi della carenza di legittimazione ex art. 2882 c.c. in capo a ***, avvertì il cliente del rifiuto pressoché certo del conservatore (e, dunque, dell’inutilità del rogito, manifestando il proprio iniziale dissenso); il cliente, però, insistette per procedere, incaricando il notaio anche per la cura delle formalità pubblicitarie. A tal punto, è evidente come l’operato del notaio, che comunque procedette nel senso voluto dalla cliente, esuli dal cono d’ombra degli artt. 27 e 28 della legge notarile: non si tratta di individuare la sussistenza o meno della violazione di tali disposizioni, dettate eminentemente a fini disciplinari/deontologici (v. Cass. n. 2033/2023), ma del generale dovere di astensione da comportamenti produttivi di danni a terzi”.
Nel caso di specie, secondo la Corte, il notaio ha causato un danno irrimediabile al ricorrente in quanto non è possibile ripristinare l’originario ordine e grado della garanzia ipotecaria, ma la parte ricorrente potrà ottenere soltanto una nuova iscrizione a garanzia del credito e l’eventuale risarcimento del danno patito.
Un ulteriore profilo interessante della sentenza in commento è il “doppio binario” della responsabilità notarile:
- Ex artt. 27/28 LN per la responsabilità professionale, limitata agli atti inequivocabilmente nulli;
- Ex artt. 1218 o 2043 cc per la responsabilità civile, applicabile ai danni cagionati anche da atti perfettamente validi.
Nel rimarcare tale distinzione – infatti – la Suprema Corte ha affermato che: n altre parole, non viene in rilievo il rispetto, da parte del notaio, delle regole deontologiche, né tampoco la valutazione circa l’espletamento del c.d. dovere di consiglio in favore del cliente, ma la verifica del parametro della condotta del notaio stesso rispetto al generale dovere del neminem laedere: se il notaio è consapevole che l’atto richiestogli si pone in violazione di una o più norme giuridiche, quand’anche queste non ne comportino la nullità, deve evidentemente interrogarsi su quali possano esserne le conseguenze, specialmente nei confronti di quei soggetti terzi che, inequivocamente, sono individuabili ex ante quali destinatari degli effetti dell’atto, benché non vi abbiano partecipato, sì da restare potenzialmente danneggiati dal compimento dell’atto stesso. Per passare al concreto: a seguito della richiesta di *** per la restrizione di una formalità ipotecaria di cui non era più titolare, per esserlo divenuta (in base alle risultanze dei RR.II., correttamente acquisite dal notaio stesso) A.A., è del tutto evidente che il notaio *** avrebbe dovuto porsi il problema – anche al lume della diligenza professionale quam in suis – della potenziale dannosità del rogito, non potendo certo di per sé confidare nell’operato del conservatore, peraltro richiesto a più riprese dell’annotazione di una simile restrizione (benché, asseritamente, destinata con certezza al suo rifiuto), né potendo limitarsi a sconsigliare *** stesso dal procedere oltre, per poi cedere alle sue insistenze. Nessun dovere di rogare l’atto può mai configurarsi ove esso sia potenzialmente pregiudizievole nei confronti di terzi estranei e, conseguentemente, anche dello stesso notaio, chiamato se del caso a risarcire il danno arrecato”. E, con precisione: “l’operato del notaio, che comunque procedette nel senso voluto dalla cliente, esuli dal cono d’ombra degli artt. 27 e 28 della legge notarile: non si tratta di individuare la sussistenza o meno della violazione di tali disposizioni, dettate eminentemente a fini disciplinari/deontologici (v. Cass. n. 2033/2023), ma del generale dovere di astensione da comportamenti produttivi di danni a terzi”.
La Cassazione, in ultimo, fa salva comunque la responsabilità del Conservatore, per non aver esercitato il potere di controllo ex art. 2674 cc; la Suprema Corte rimette dunque al Giudice di rinvio il compito di verificare se l’inadempienza del Conservatore sia tale da interrompere il nesso causale tra il danno e la condotta del notaio oppure se si configuri un concorso causale.
Francesco Laface