CASSAZIONE CIVILE, SEZ. II, ORDINANZA 18 FEBBRAIO 2025, n. 4137-IRREPERIBILITA' DEL TESTAMENTO OLOGRAFO

Pubblicato il 31 marzo 2025 alle ore 15:40

Con una recente ordinanza la Sezione II della Corte di Cassazione ha affrontato il tema dell’irreperibilità del testamento olografo ribadendo il consolidato orientamento per cui lo smarrimento della scheda olografa, anche laddove se ne provi l'esistenza in un certo tempo mediante la produzione di una copia, è equiparabile alla distruzione del testamento stesso[1]. Pertanto, incombe su chi ha interesse alla sua conservazione l'onere di provare che esso fu distrutto lacerato o cancellato da persona diversa dal testatore oppure che quest’ultimo non ebbe intenzione di revocarlo ai sensi dell’art. 684 c.c.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione A.A. conveniva dinanzi al Tribunale di Padova gli eredi testamentari del proprio fratello B.B. affinché venisse dichiarata la nullità del testamento olografo di costui, pubblicato dal notaio C.C., con conseguente aperura della successione legittima del medesimo a favore di A.A. stesso e della sorella D.D.

In particolare, la contestazione di A.A. verteva sul fatto che il notaio C.C., avendo smarrito l’originale della scheda testamentaria presso di lui fiduciariamente depositata dal de cuius, aveva pubblicato unicamente una fotocopia dell’originario testamento olografo di B.B. recante su ogni pagina la dicitura "copia conforme all'originale" con la sottoscrizione del de cuius a margine. Conseguentemente, secondo le pretese attorie, tale documento non presentava i requisiti minimi richiesti dall’art. 602 c.c. per il testamento olografo, con consequenziale nullità dello stesso.

In risposta i convenuti osservavano che la pubblicazione del testamento da parte di C.C. aveva riguardato, oltre alla copia del testamento olografo contenuta in una busta sigillata consegnata al notaio, anche due codicilli in originale di B.B., non contestati nella loro autenticità, i quali facevano espresso riferimento al testamento pubblicato.

Su richiesta dei convenuti veniva quindi chiamato in causa anche lo stesso notaio C.C., al fine di chiederne la condanna al risarcimento del danno per responsabilità professionale in ragione dello smarrimento dell’originale del testamento olografo.

In primo ed in secondo grado il Tribunale di Padova e la Corte d’Appello di Venezia rigettavano le domande attorie e accertavano la pregressa esistenza con conseguente validità ed efficacia) di un testamento olografo non revocato riferibile al de cuius, di contenuto identico alla copia fotostatica della scheda testamentaria pubblicata dal notaio C.C., desumendo tale prova dalle dichiarazioni rese del notaio stesso in sede di interpello.

In particolare, la Corte d’Appello sottolineava che l'irreperibilità del testamento olografo di B.B., del quale era stata provata l'esistenza mediante la produzione di una copia informale, era equiparabile alla sua distruzione ed ingenerava una presunzione di revoca dello stesso, non scalfita dal mancato disconoscimento della conformità all'originale, rilevante solo una volta superata la detta presunzione.

Pertanto, gravava sulla parte attrice l'onere di provare che il testamento irreperibile era stato distrutto, lacerato o cancellato da persona diversa dal testatore, o che costui non aveva intenzione di revocarlo. Conseguentemente, la Corte affermava che tale prova poteva essere data con ogni mezzo, dimostrando l'esistenza del testamento olografo al momento della morte del testatore, ovvero che esso, pur scomparso prima della morte del testatore, era stato distrutto da un terzo, o era andato perduto fortuitamente, o comunque senza alcun concorso della volontà del testatore, ovvero ancora, che la distruzione del testamento da parte di costui non era accompagnata dall'intenzione di togliere efficacia alle disposizioni ivi contenute (veniva richiamata in tal senso Cass. n. 22191/2020).

 

RAGIONI DELLA DECISIONE

La Corte, nelle motivazioni della propria sentenza, parte innanzitutto dal dettato letterale dell’art. 684 c.c., il quale sancisce che “Il testamento olografo distrutto, lacerato o cancellato, in tutto o in parte, si considera in tutto o in parte revocato, a meno che si provi che fu distrutto, lacerato o cancellato da persona diversa dal testatore, ovvero si provi che il testatore non ebbe l’intenzione di revocarlo.

Tale disposizione, come ricostruito dalla stessa Corte, fu pensata dal legislatore del ’42 al fine di superare i dubbi interpretativi esistenti sotto la vigenza del Codice civile post-unitario del 1865, il quale, non contenendo un’analoga previsione, aveva fatto sorgere numerose problematiche relative al valore di revoca da attribuirsi alla distruzione del testamento olografo.

Quindi la Cassazione, richiamandosi alla propria costante giurisprudenza di legittimità (Cass. n. 22191/2020; Cass. n. 17237/2011; Cass. n. 12098/1995; Cass. n.3286/1975), enuncia il principio per cui il mancato reperimento dell’originale del testamento olografo al momento dell’apertura della successione, giustifica la presunzione di distruzione del testamento stesso da parte del de cuius, essendosi affermato che “il fatto che una scheda testamentaria, di cui si affermi o si provi, l’esistenza in un periodo precedente alla morte del de cuius, sia divenuta irreperibile pone in essere una presunzione di revoca, nel senso che possa essere stato lo stesso testatore a distruggerla a fini di revoca”.

Applicando tale presunzione al caso in esame, dunque, le corti di merito avevano correttamente ritenuto che, essendo stata affermata l'esistenza prima della morte di B.B. dell'originale del testamento olografo, poi pubblicato in copia dal notaio C.C., e non essendo stato reperito tale originale, operava senz'altro la presunzione di revoca di quel testamento prevista dall'art. 684 c.c.

Tuttavia, gli ermellini lamentano il fatto che la Corte d’appello, nell’applicare i principi della già richiamata sentenza n. 22191/2020, ne abbia di fatto travisato i principi ed escludono il rilievo probatorio che la sentenza impugnata ha attribuito alla mancata contestazione della copia autentica dell’olografo. Rilievo che si sarebbe potuto prendere in considerazione solo ove fosse stata già superata la presunzione di revoca del testamento olografo non reperito ex art. 684 c.c.

Ad abundantiam la Suprema Corte precisa che, poiché lo smarrimento della scheda olografa originaria era avvenuto senza alcun concorso della volontà del testatore, non può essere attribuito alcun valore probatorio alle firme apposte dallo stesso alla copia poi pubblicata dal notaio. L’apposizione di tali firme, infatti, non presuppone né sottintende in nessun modo lo smarrimento dell’originale, “risultando ben possibile che il de cuius abbia, per generica cautela, deciso di lasciare una copia del testamento olografo nella disponibilità della beneficiaria, a prescindere dalla perdita dell'originale”.

Inoltre, la Corte precisa che i requisiti richiesti dall’art. 602 c.c. in materia di autografia e datazione del testamento non possono essere in alcun modo sostituiti da una generica attestazione di conformità della copia all’originale, non potendo il testatore arrogarsi arbitrariamente poteri che nel nostro ordinamento sono propri dei pubblici ufficiali abilitati.

In conclusione, richiamandosi alla già citata sentenza del 14 ottobre 2020, n. 22191, la Suprema Corte riassume con i seguenti principi il rapporto fra smarrimento del testamento e presunzione di revoca ex art. 684 c.c.

  1. A) L'irreperibilità del testamento, di cui si provi l'esistenza in un certo tempo mediante la produzione di una copia, è equiparabile alla distruzione, per cui incombe su chi vi ha interesse l'onere di provare che esso "fu distrutto lacerato o cancellato da persona diversa dal testatore" oppure che costui "non ebbe intenzione di revocarlo";
  2. B) La prova contraria può essere data, anche per presunzioni, non solo attraverso la prova dell'esistenza del testamento al momento della morte (ciò che darebbe la certezza che il testamento non è stato revocato dal testatore), ma anche provando che il testamento, seppure scomparso prima della morte del testatore, sia stato distrutto da un terzo o sia andato perduto fortuitamente o comunque senza alcun concorso della volontà del testatore stesso;
  3. C) È ammessa anche la prova che la distruzione dell'olografo da parte del testatore non era accompagnata dall'intenzione di togliere efficacia alle disposizioni ivi contenute;
  4. D) In presenza di una copia informale dell'olografo, il mancato disconoscimento della conformità all'originale diventa rilevante solo una volta che sia stata superata la presunzione di revoca;
  5. E) Ferma la prioritaria esigenza che sia stata data la prova contraria alla presunzione di revoca, sono applicabili al testamento le norme dell'art. 2724 c.c., n. 3 e art. 2725 c.c., sui contratti. È quindi ammessa ogni prova, compresa quella testimoniale e per presunzioni, sull'esistenza del testamento, purché beninteso la scomparsa non sia dovuta a chi chiede la ricostruzione del testamento

Principi che si pongono in linea di continuità con l’indirizzo dottrinale, oggi prevalente, che afferma che entrambe le presunzioni poste dall’art. 684 c.c. hanno carattere relativo e ammettono dunque prova contraria.[2]

 

MASSIMA

L'irreperibilità del testamento, di cui si provi l'esistenza in un certo tempo mediante la produzione di una copia, è equiparabile alla distruzione, per cui incombe su chi ha interesse alla sua conservazione l'onere di provare che esso fu distrutto lacerato o cancellato da persona diversa dal testatore oppure che costui non ebbe intenzione di revocarlo. (Cass. civ., Sez. II, Ordinanza n. 4137 del 18 febbraio 2025)

 

Dott. Francesco Maglio

 

[1] Si veda, in giurisprudenza, Cass. n. 12098 del 22 novembre 1995, Cass. n. 12290 del 4 dicembre 1998 e Cass. n. 3636 del 24 febbraio 2004. In dottrina, per tutti, G. Capozzi, Successioni e donazioni, Milano, 2023, p. 1069.

[2] Per la natura di presunzione relativa di entrambe le fattispecie dell’art. 684 c.c. vedasi M. Allara, La revocazione delle diposizioni testamentarie, Torino, 1951, p. 100, G. Capozzi, Successioni e donazioni, cit., p. 1070, F. Santoro-Passarelli, Dottrine generali del diritto civile, Napoli, 1997 pp. 136 e ss.

Contra, nel senso della relatività della prima presunzione (che la distruzione sia avvenuta ad opera del testatore) e dell’assolutezza della seconda (che la volontà della distruzione determina il carattere sicuramente intenzionale della revoca) si sono espressi A. Cicu, Testamento, Milano, 1951, pp. 150 ss. e G. Giampiccolo, Il contenuto atipico del testamento, Milano, 1954