Il perfezionamento del contratto di mutuo, con la conseguente nascita dell'obbligo di restituzione a carico del mutuatario, si verifica nel momento in cui la somma mutuata, ancorché non consegnata materialmente, sia posta nella disponibilità giuridica del mutuatario medesimo, attraverso l'accredito su conto corrente, non rilevando in contrario che le somme stesse siano immediatamente destinate a ripianare pregresse esposizioni debitorie nei confronti della banca mutuante, costituendo tale destinazione frutto di atti dispositivi comunque distinti ed estranei alla fattispecie contrattuale.
Anche ove si verifichi tale destinazione, il contratto di mutuo (c.d. mutuo solutorio), in presenza dei requisiti previsti dall'art. 474 cod. proc. civ., costituisce valido titolo esecutivo.
Le SS.UU della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 5841 del 5 marzo 2025, si occupano del cosiddetto mutuo solutorio, contratto con cui il mutuatario riceve un accredito della somma di denaro per ripianare la pregressa esposizione debitoria del mutuatario verso il mutuante.
In particolare, viene fornita la risposta a tre interrogativi.
Il primo attiene alla validità o meno del mutuo solutorio.
Il secondo, in caso di risposta positiva al primo quesito, attiene alla possibilità che il contratto di mutuo costituisca titolo esecutivo, ai sensi dell’art. 474 c.p.c.
Il terzo, infine, è volto a chiarire se l'eventuale risposta positiva ai primi due quesiti possa valere anche nel caso in cui il ripianamento delle passività mediante le somme erogate in mutuo, con operazione di giroconto, sia operato dalla banca autonomamente e immediatamente.
- Il caso
Il caso de quo si sostanzia in una lunga vicenda giudiziaria, che prende le mosse dall’opposizione al Decreto ingiuntivo, realizzata dai ricorrenti principali, ai quali il Tribunale di Ferrara aveva ingiunto il pagamento di una somma di denaro nei confronti di un istituto di credito, come saldo negativo di un conto corrente garantito da ipoteca.
Preliminarmente, va considerato che i ricorrenti avevano concluso con l’istituto di credito diversi contratti di mutuo e il ricorso monitorio si era instaurato riguardo all’ultimo, quale mutuo ipotecario con contestuale apertura di conto corrente.
In particolare, i ricorrenti ritennero illegittimo il comportamento della Banca e lamentarono la circostanza che questa avesse solo apparentemente erogato le somme concesse a mutuo, posto che le stesse non erano mai uscite dalle casse dell'asserita mutuante, ma erano state utilizzate per estinguere i mutui e le aperture di credito precedenti.
Il Tribunale di Ferrara con sentenza n. 195 del 2016 respinse gli argomenti volti a contestare la validità del contratto di mutuo, pur riconoscendo che l’importo dovuto dai ricorrenti alla banca fosse inferiore e revocando il decreto ingiuntivo.
I ricorrenti proposero, dunque, appello presso la Corte d’Appello di Bologna, la quale con sentenza n. 905/2020, resa pubblica il 4 marzo 2020, confermò la sentenza di primo grado impugnata. In particolare, i giudici di merito svolsero delle riflessioni che – come si vedrà infra – si pongono in linea con le conclusioni a cui è addivenuta la Corte di Cassazione nella sentenza oggetto della presente analisi.
In particolare, si evidenziò che l’accredito delle somme sul conto corrente dei ricorrenti equivale a “consegna” ex art. 1813 c.c., senza che a nulla rilevi l’utilizzo successivo delle stesse da parte della banca, per estinguere un mutuo precedente. L’eventuale impiego successivo delle somme non priva il mutuo della sua causa in concreto. D’altra parte, si rilevò che il mutuo solutorio è fattispecie distinta dal mutuo di scopo, essendo quest’ultima ipotesi caratterizzata da una specifica destinazione del finanziamento.
Avverso tale sentenza, i ricorrenti proposero ricorso per Cassazione sulla base di nove motivi. Pur avendo il Pubblico Ministero concluso per il rigetto del ricorso, durante la pubblica udienza del 4 luglio 2024, la Seconda Sezione civile della Corte, con ordinanza n. 18903 del 10 luglio 2024, decise di rimandare gli atti alla Prima Presidente per l'assegnazione del ricorso alle Sezioni Unite, al fine di affrontare le questioni sollevate dal primo e secondo motivo di ricorso riguardanti la qualificazione del "mutuo solutorio".
Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, condividendo le posizioni dei giudici di merito, hanno ritenuto valido il cosiddetto mutuo solutorio, evidenziando che l’accredito delle somme su un conto corrente è considerato sufficiente per soddisfare il requisito giuridico della datio rei propria del mutuo.
Conseguentemente, il contratto di mutuo può costituire titolo esecutivo, ove ricorrano i presupposti ex art. 474 c.p.c.
Infine, l’eventuale movimentazione in uscita di somme dal conto corrente bancario, operata in assenza di disposizioni in tal senso dell’intestatario, è condotta illecita aggredibile, ma ciò non inficia in alcun modo la validità del mutuo solutorio.
- Il contratto di mutuo – natura giuridica e varie tipologie
Il contratto di mutuo è disciplinato dagli artt. 1813 ss. c.c.
Ai sensi dell’art. 1813 c.c., “il mutuo è il contratto col quale una parte consegna all'altra una determinata quantità di danaro o di altre cose fungibili e l'altra si obbliga a restituire altrettante cose della stessa specie e qualità.”
Si tratta di un contratto di natura reale, in cui la consegna della cosa – in deroga al principio consensualistico ex art. 1376 c.c. – assurge a elemento costitutivo della fattispecie[1]. Non è sufficiente, dunque, soltanto il consenso delle parti, ma sarà necessaria anche la consegna nei termini appresso chiariti.
Elemento cruciale, soprattutto ai fini della presente analisi, attiene all’accezione del termine “consegna”. In altri termini, ci si è interrogati in merito alle modalità di realizzazione concreta della consegna, onde determinare quando e in che modo possa dirsi perfezionato il contratto di mutuo.
Ebbene, a voler aderire anche all’orientamento della giurisprudenza di legittimità[2], non è necessaria la consegna materiale della res, dovendosi ritenere sufficiente che la stessa sia messa nella disponibilità giuridica del mutuatario. Ciò avviene, allorquando il mutuante crei un autonomo titolo di disposizione a favore del mutuatario. Esempi di immissione nella disponibilità giuridica sono: l’accreditamento su conto corrente intestato alla parte mutuataria ovvero il deposito in un libretto fruttifero di risparmio al portatore ovvero la consegna di un assegno circolare intestato al mutuatario che abbia dichiarato di accettarlo come denaro contante, rilasciandone quietanza a saldo.
Tale ricostruzione sembra, del resto, coerente con l’epoca di moneta elettronica in cui viviamo e in cui sarebbe – a dir poco – anacronistico ipotizzare una consegna materiale. La Corte di Cassazione ha più volte evidenziato come la progressiva dematerializzazione dei valori mobiliari e la loro sostituzione con annotazioni contabili, nonché la normativa antiriciclaggio e le altre misure tese a limitare l'uso di contante nelle transazioni commerciali, abbiano accentuato l'utilizzo di strumenti alternativi al trasferimento di danaro[3].
Ulteriore elemento caratterizzante il mutuo è l’obbligo di restituzione del tantundem che sorge in capo alla parte mutuataria. Ai sensi dell’art. 1814 c.c., questa assume la proprietà delle cose date a mutuo, salvo appunto l’obbligo di restituzione di altrettante cose della stessa qualità e della stessa specie. Per tale ragione, oggetto del mutuo possono essere soltanto il denaro e altre cose fungibili[4].
Si ritiene che il mutuo si sostanzi in un rapporto di durata, a cui è applicabile la disciplina ex artt. 1360, 1373 e 1458 c.c.[5]
Il mutuo è contratto naturalmente oneroso, in cui alla restituzione del tantundem si aggiunge la corresponsione di interessi, come remunerazione per il godimento del denaro o delle res prestate dal mutuante. L’ammissibilità di un mutuo gratuito, accanto a quello oneroso, permette di annoverare tale contratto fra quelli a causa variabile.
Date le caratteristiche sinora evidenziate, il mutuo prevede sovente la concessione di una garanzia ipotecaria da parte del mutuatario, onde assicurare l’adempimento dell’obbligo di restituzione (ed eventualmente la corresponsione degli interessi).
Delineato dunque il sinallagma, che colora il contratto di mutuo, è possibile ora volgere lo sguardo alle varie tipologie di mutuo.
Anzitutto, figura particolarmente nota è il cosiddetto mutuo di scopo. In tale fattispecie la causa tipica del contratto di mutuo è permeata ed arricchita da un quid pluris, consistente nell’utilizzo della somma (o dei beni) mutuata per il perseguimento di un fine prestabilito. In capo alla parte mutuataria, oltre al suddetto obbligo di restituzione, ne sorge uno ulteriore, che si concretizza nell’impiego del quantum mutuato per la realizzazione di un determinato obiettivo.[6]
In altri termini, l'impegno assunto dal mutuatario si inserisce nel sinallagma contrattuale assumendo rilevanza sotto il profilo causale[7].
Diverso dal mutuo di scopo è il mutuo fondiario, disciplinato dagli artt. 38 ss. c.c. TUB. Si tratta del contratto di mutuo che ha per oggetto la concessione, da parte di Banche, di finanziamenti a medio e lungo termine, garantiti da ipoteca di primo grado su immobili, dell’ammontare non superiore al limite determinato dalla Banca d’Italia, in conformità alle deliberazioni del CICR, in rapporto al valore dei beni ipotecati o al costo delle opere da eseguire. Tale limite è pari attualmente all’80%. Ove tale limite venga superato, la conseguenza è quella della nullità integrale del contratto per violazione di norma imperativa, dovendosi escludere una mera responsabilità della banca. È fatta, comunque, salva la possibilità di conversione del contratto nullo in un finanziamento ipotecario ordinario, ove ne sussistano i requisiti[8].
Secondo la giurisprudenza di legittimità[9], il criterio discretivo fra mutuo fondiario e mutuo di scopo – precedentemente esaminato – va ricercato nella sussistenza di un interesse alla destinazione delle somme erogate sia in capo al mutuante che al mutuatario. Ove tale interesse non sussista in capo alla banca mutuante, specularmente non sussisterà sul mutuatario. La qualificazione come mutuo di scopo si applica quando esiste un obbligo specifico per il mutuatario di utilizzare i fondi per uno scopo determinato, in base all'interesse, diretto o indiretto, del mutuante riguardo a come vengano impiegate le somme. In assenza di tale obbligo, la mancata osservanza della destinazione prevista nel contratto non influisce sulla validità del contratto stesso.
Veniamo ora al cosiddetto mutuo solutorio, fattispecie su cui si è pronunciata la Corte di Cassazione a Sezioni Unite, con la sentenza oggetto del presente commento.
Il mutuo solutorio va inteso come un contratto di mutuo vero e proprio, in cui il mutuatario riceve un accredito della somma di denaro per ripianare la pregressa esposizione debitoria del mutuatario verso il mutuante.
A differenza del mutuo di scopo, come verrà anche infra chiarito, l’utilizzo della somma non attiene al momento genetico del contratto e non ne permea in alcun modo la causa. Esso si pone anzi su un piano logico (e spesso anche cronologico) successivo.
Da ciò consegue che eventuali irregolarità nelle operazioni successive – volte a ripianare la pregressa esposizione debitoria – non incidono in alcun modo sulla validità del contratto di mutuo, che si perfeziona pur sempre con l’immissione del mutuatario nella disponibilità giuridica della somma.
- La giurisprudenza precedente e le diverse posizioni in ordine alla validità del mutuo solutorio
Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con la sentenza in commento, passano in rassegna i precedenti giurisprudenziali e le due diverse ricostruzioni in ordine al mutuo solutorio, onde addivenire ad una soluzione.
In particolare, è possibile distinguere fra un’impostazione che nega la configurabilità del mutuo solutorio e una – poi avallata dalla Suprema Corte – che ne afferma la validità.
Orbene, il primo orientamento si sviluppa in anni più recenti[10] e dà risposta negativa al mutuo solutorio, basandosi sulle seguenti argomentazioni.
Anzitutto, in tema di consegna ex art. 1813 c.c., si ritiene che il mutuo solutorio si sostanzi in un'operazione meramente contabile in dare e avere sul conto corrente, non inquadrabile nel mutuo ipotecario, il quale presuppone sempre l'avvenuta consegna del denaro dal mutuante al mutuatario. Pertanto, come effetto si avrebbe l’estensione delle scadenze previste per i debiti precedenti, sulla base dell’art. 1231 c.c., in tema di modificazioni accessorie. Queste, per espressa previsione normativa, non producono novazione, sicché il mutuo solutorio determinerebbe i soli effetti del cosiddetto pactum de non petendo ad tempus.[11]
Precipitato logico di questa impostazione è, altresì, che l’unico titolo esecutivo a cui possa farsi riferimento è il precedente contratto di mutuo.
La circostanza che la banca – in quanto creditrice – utilizzi le somme per ripianare il precedente debito di per sé esclude la “consegna” al mutuatario, quand’anche la si intende nella accezione precedentemente delineata.
Il ripianamento di un debito a mezzo di nuovo credito, che la banca già creditrice realizzi mediante accredito della somma su un conto corrente gravato di debito a carico del cliente, non integrerebbe in alcun modo l’immissione nella disponibilità giuridica delle somme. Tale operazione si sostanzierebbe piuttosto in una mera operazione di natura contabile, ad eccezione del caso in cui la posta a credito sia superiore di quella a debito.
L’orientamento che, invece, riconosce la validità del mutuo solutorio è stato tradizionalmente sostenuto[12] ed avallato dalla sentenza in commento.
Anzitutto, si afferma la validità del mutuo solutorio, non essendo lo stesso contrario né alla legge né all’ordine pubblico.
Venendo alla consegna, si ritiene che l’accredito delle somme erogate in conto corrente sia sufficiente a integrare il requisito della datio rei: il contratto di mutuo si perfeziona, prescindendo da qualsivoglia pattuizione in merito all’utilizzo della somma mutuata.
L’avvenuta consegna viene dimostrata dalla circostanza che la somma sia utilizzata per ripianare un debito pregresso e, quindi, rimuova una posta negativa dal patrimonio del mutuatario.
Se questo è vero, non rilevano le preoccupazioni che tale impiego sia lesivo nei confronti dei creditori. Questi potranno pur sempre beneficiare dei rimedi speciali predisposti dall’ordinamento e della sanzione dell’inefficacia.
- Cass. SS. UU, 5 marzo 2025, n. 5841
Il contrasto fra gli orientamenti precedentemente esposti è stato messo in evidenza dall’ordinanza interlocutoria della Seconda Sezione n. 18903 del 10 luglio 2024.
L’atteggiamento ondivago della Corte di Cassazione ha, difatti, spinto i giudici a sollecitare l’intervento nomofilattico delle Sezioni Unite.
Sostanzialmente, vengono posti tre quesiti.
Il primo verte sulla validità o meno del mutuo solutorio e sulla sussistenza del requisito della traditio, allorquando le somme siano destinate ad estinguere debiti pregressi.
Il secondo attiene alla possibilità di considerare il contratto di mutuo quale titolo esecutivo.
Il terzo, subordinato ai precedenti, indaga la possibilità di estendere l’eventuale risposta positiva ai primi quesiti anche al caso in cui sia la banca in maniera del tutto autonoma – indi senza consenso – a destinare le somme mutuate al ripianamento delle passività.
Le Sezioni Unite avallano l’orientamento positivo, tradizionalmente sostenuto.
Con riferimento al primo quesito, viene concentrata l’attenzione sulle modalità di realizzazione concreta della consegna. All’uopo, come già precedentemente osservato, si ritiene necessaria l’immissione del mutuatario nella disponibilità giuridica della res, essendo a tal fine sufficiente la creazione, da parte del mutuante, di un autonomo titolo di disponibilità, tale da determinare l'uscita della somma dal proprio patrimonio e l'acquisizione della medesima al patrimonio della controparte, a prescindere da ogni successiva manifestazione di volontà del mutuante.
Nella fattispecie del mutuo solutorio i dubbi scaturiscono dalla circostanza che la banca si riappropri immediatamente delle somme mutuate, per procedere al ripianamento delle passività.
Adoperando un criterio di analisi logico-giuridico, si nota come il fenomeno della riappropriazione delle somme da parte della banca postuli un precedentemente trasferimento delle stesse (o comunque l’immissione nella loro disponibilità) a favore del mutuatario. Costui vede incrementare il proprio patrimonio, in conseguenza e al momento dell’accredito[13].
Del resto, se si usa il denaro ricevuto a titolo di mutuo per estinguere un debito verso il mutuante, si sta eliminando una posta negativa dal proprio patrimonio[14].
È proprio grazie all’accredito sul conto corrente che il contratto di mutuo può ritenersi validamente concluso. Questo prescinde dal successivo – ancorché cronologicamente contestuale – impiego delle somme da parte della banca per ripianare le passività.
Il mutuo solutorio non integra una fattispecie contrattuale atipica, avendo piuttosto il sintagma una valenza meramente descrittiva. Si tratta pur sempre di un ordinario contratto di mutuo.[15]
Anche dal punto di vista pratico, si osserva che l’operazione viene sovente accompagnata dalla concessione di un’ipoteca nonché da modificazioni del rapporto originario, come la modifica dei tassi di interesse.
Non vi sono ragioni per discorrere di nullità negoziale, in merito al mutuo solutorio. Difatti, la destinazione delle somme al ripianamento di debiti pregressi non rappresenta un fine illecito, essendo anzi propria di alcune figure di finanziamento e rispondente a finalità di ordine pubblico.
Laddove il mutuo solutorio dovesse dar vita ad un atto in frode ai creditori, si potrà allora discorrere di inefficacia, ma non certo di invalidità.
Anche con riferimento al mutuo fondiario, secondo la giurisprudenza di legittimità, lo scopo del finanziamento non assurge a causa del contratto.
L’utilizzo delle somme prestate a mutuo risulta irrilevante, rimanendo estraneo alla causa e al sinallagma contrattuale.
Essendosi data risposta positiva al primo quesito, non può che farsi lo stesso con riferimento al secondo.
Se si riconosce validità al mutuo solutorio, sul presupposto che l’accredito integri il requisito della consegna, allora il contratto di mutuo – validamente perfezionatosi – costituisce titolo esecutivo ove ricorrano i presupposti ex art. 474 c.p.c.
Anche la risposta al terzo quesito affonda le proprie radici nelle soluzioni adottate dalla Corte ed esposte sino ad ora.
Difatti, se si afferma che l’atto dispositivo delle somme sia inidoneo a permeare la causa del contratto, allora non può in alcun modo condizionarne la conclusione.
Quand’anche l’atto di disposizione non venga compiuta dal mutuatario, ciò non nega che lo stesso sia stato immesso nella disponibilità giuridica delle somme.
Chiaro è che la movimentazione illecita di date somme, in quanto non preceduta dal consenso del mutuatario, non è priva di conseguenze. Il mutuatario potrà agire con i rimedi restitutori previsti dalla legge, ma il contratto mutuo non subirà alcuna ripercussione.
- Osservazioni conclusive
Le conclusioni sposate dalle Sezioni Unite sono, a parere di chi scrive, assolutamente condivisibili.
Argomentando, anzitutto, dal punto di vista della natura giuridica del contratto di mutuo, è opinione largamente condivisa che sia sufficiente la creazione, da parte del mutuante, di un autonomo titolo di disponibilità, tale da determinare l'uscita della somma dal proprio patrimonio e l'acquisizione della medesima al patrimonio della controparte.
Ebbene, in un’epoca di moneta elettronica è impossibile non avvedersi della circostanza che la maggioranza dei pagamenti si riduca ad un’operazione contabile. Basti pensare ai pagamenti eseguiti con carte di credito o con sistemi di pagamento digitale. Pare, pertanto, del tutto anacronistico negare che tali strumenti vadano considerati come una vicenda reale e giuridica.
Del resto, l’utilizzo del denaro contante è sempre più scoraggiato, privilegiandosi invece strumenti che consentono la tracciabilità dei pagamenti.
In secondo luogo, il pregio della pronuncia in commento è sicuramente quello di aver tenuto distinto il piano degli elementi essenziali del contratto di mutuo da quello dei successivi atti dispositivi della somma mutuata, privilegiando un approccio logico piuttosto che cronologico.
Difatti, non pare vi sia modo differente di svolgere riflessione giuridica in termini di validità/nullità, se non tenendo a mente i profili costitutivi del contratto di mutuo.
Se, come già osservato, sussistono il consenso e la consegna – elementi essenziali per il perfezionamento dei contratti reali – è possibile spostarsi sull’esame della causa.
Se non vi è l’assunzione di un obbligo da parte del mutuatario di destinare la somma al perseguimento di un determinato fine – come nel caso del mutuo di scopo – è chiaro che i successivi atti dispositivi della somma non permeano la causa del contratto.
A questo punto, diviene chiaro che ogni successiva movimentazione delle somme mutuate, sia essa illecita o meno, non avrà alcuna ripercussione sulla validità del contratto di mutuo.
Quand’anche lo spostamento del denaro avvenga nello stesso momento cronologico dell’accredito, da un punto di vista logico e giuridico, non può negarsi che l’accredito stesso sia comunque avvenuto.
[1] Così GIAMPICCOLO G., Comodato e mutuo, in GROSSO G. e SANTORO PASSARELLI F., Trattato di Diritto Civile, Vol. V, fasc. VII, Vallardi, Milano, 1972, pp. 52 ss.
Si segnala anche una parte minoritaria della dottrina, che ascrive il mutuo nell’alveo dei contratti consensuali. Si veda CARRESI F., Il comodato. Il mutuo, in VASSALLI F., Trattato di Diritto Civile italiano, Vol. VIII t. II fasc. V e VI, UTET, Torino, 1957, pp. 102 ss.
Vi è altresì una posizione intermedia, che ritiene ammissibile a configurabilità di un mutuo consensuale atipico. Cfr. GALASSO A., Mutuo e deposito irregolare. Vol. I (unico pubblicato) - La costituzione del rapporto, Giuffrè, Milano, 1968, 225 ss.; FAUSTI P.L., Il mutuo, in Trattato di diritto civile del Consiglio Nazionale del Notariato, Edizioni scientifiche italiane, Napoli, 2004, 35 ss.
[2] Si vedano ex multis le seguenti pronunce: Cass. Civ. Sez. III, n. 17194 del 27 agosto 2015, Cass. Civ. Sez. III, n. 9074 del 5 luglio 2001, Cass. Civ. Sez. I, n. 2483 del 21 febbraio 2001; Cass. Civ. Sez. I, n. 6686 del 15 luglio 1994.
[3] Si veda Cass. Civ. Sez. I, n. 38331 del 3 dicembre 2021.
[4] Cfr. CARRESI F., Il comodato. Il mutuo, in VASSALLI F., Trattato di Diritto Civile italiano, Vol. VIII t. II fasc. V e VI, UTET, Torino, 1957, p. 110, il quale nota come l’obbligo di restituzione della singola cosa darebbe vita ad un rapporto diverso, sussumibile nelle fattispecie del comodato o della locazione.
[5] GIAMPICCOLO G., Comodato e mutuo, in GROSSO G. e SANTORO PASSARELLI F., Trattato di Diritto Civile, Vol. V, fasc. VII, Vallardi, Milano, 1972, p. 70; SIMONETTO E., Mutuo, in Enc. Giur., XX, Roma, 1990, p. 6.
Contra v. TETI R., Il mutuo, in Tr. Rescigno, Torino, 2007, p. 623.
[6] Così MAZZAMUTO S., Mutuo (II) Mutuo di scopo, in Enc. giur. Treccani, XX, Roma, 1990, pp. 1 ss.; Cass. Civ. Sez. I, n. 25793 del 22 dicembre 2015.
[7] In giurisprudenza si vedano Cass. Civ. Sez. III, n. 943 del 24 gennaio 2012, Cass. Civ. Sez. I, n. 26770 del 21 ottobre 2019; Cass. Civ. n. Sez. I, n. 15929 del 18 giugno 2018; Cass. Civ. Sez. I, n. 24699 del 19 ottobre 2017.
[8] Si vedano Cass. Civ., Sez. I, n. 17352 del 13 luglio 2017, Cass. Civ. Sez. I, n.19016 del 31 luglio 2017.
[9] Cfr. Cass. Civ., Sez. III, n. 9838 del 14 aprile 2021.
[10] Si vedano Cass. Sez. I, ordinanza n. 20896 del 05/08/2019, Rv. 655022-01; v. anche Cass. Sez. 3, sentenza n. 7740 del 08/04/2020; Cass. Sez. I, sentenza n. 1517 del 25/1/2021, Rv. 660370-01.
[11] Si tratta del patto con cui il creditore si obbliga a non chiedere l'adempimento al debitore prima di una certa data.
[12] Si vedano Cass. Civ. Sez. I, n. 5193 del 09 maggio 1991; Cass. Civ. Sez. I, sentenza n. 11116 del 12 dicembre 1992; Cass. Civ. Sez. I, sentenza n. 1945 del 08 marzo 1999; Cass. Civ. Sez. III, sentenza n. 23149 del 25 luglio 2022, a sua volta richiamata da Cass. n. 37654 del 30 novembre 2021; Cass. Civ. Sez. III, ordinanza n. 724 del 18 gennaio 2021; Cass. Civ. Sez. I, ordinanza n. 16377 del 09 giugno 2023; Cass. Civ., n. 31560 del 2023; Cass. Civ. n. 5151 del 2024; Cass. Civ., n. 2779 del 2024
[13] Secondo i giudici, è vero che l’accredito sul conto corrente consiste in un’operazione contabile, ma è vero anche che tale operazione non va degradata a fittizia o apparente, determinando essa l’inserimento di una posta attiva in capo al correntista.
[14] Così Cass. Civ., Sez. III, n. 23149 del 25 luglio 2022.
[15] Sulla differenza fra mutuo solutorio e mutuo di scopo si rinvia al par. 2 della presente nota.
Ginevra Brighina